A settembre
inizia il nuovo anno scolastico ed anche la ricerca delle attività sportive per
i propri figli.
Qualcuno
asserisce che il genitore deve scegliere, altri il pargolo: in entrambi i casi,
la decisione potrebbe rivelarsi errata.
Un pensiero
comune vuole che nostro figlio (o figlia) faccia un’attività del corpo, perché
fa bene, perché socializza, perché si sfoga, perché…, ecc.
In via di
principio il ragionamento è corretto e, nella maggior parte dei casi lo sport sopperisce
a questa scelta ma, se semplicistica, potrebbe rivelarsi controproducente.
La ragazza o
il ragazzo che sia, deve aver conquistato (nella fascia che va dai 2/3 ai 6
anni di età) quelle competenze motorie di base che sopperiscono ai vizi della tenera
età (che riconducono tutte a quella insufficiente capacità motoria conosciuta
come deficit dell’apprendimento) attraverso degli esercizi motori che ne favoriscono
il corretto apprendimento.
Quante volte
dopo un breve periodo trascorso a praticare uno sport il figliolo lo abbandona perché
“non riesce”, “non è portato” qualcuno asserisce, “non gli piace”, nella
maggior parte dei casi non è propriamente così.
Con un
pochino di attenzione ci si accorge che il bambino non sa correre, piegarsi
sulle gambe, striscia scoordinato…, ma allora come potrebbe riuscire a calciare
una palla, colpirla con una racchetta, restare in piedi mentre il compagno tira
e spinge… capiamo bene che come abbiamo imparato prima a gattonare poi a
camminare eretti dovremmo seguire le stesse metodologie per conquistare degli
stadi motori più complessi.
Molte volte
questo stato di cose derivano da quella mancanza motoria che mette in una
situazione d’incapacità, il ragazzo non riesce a superare quelle situazioni che
necessitano di competenze motorie avanzate, nonché specifiche….
Questi
stadi, chiamiamoli di maturazione motoria, avvengono per gradi, attraverso
metodologie didattiche specifiche del corpo e non, invece, spiegando stando seduti
ad un banco a scrivere e parlare (didattiche che mal si adattano ad un’età che richiama
allegria, vitalità e spensieratezza), anche se potremmo inventare metodologie
di apprendimento più gradite (un brillante Vittorino da Feltre insegnava la
matematica facendo tirare con l’arco…).
La mancanza
dell’esperienza motoria si rivela ripercuotersi sulla personalità: probabile mancanza
di fiducia nei propri confronti e quindi una conseguente incapacità di stima
del proprio operato, le mancate occasioni nel rapporto con l’altro fatta di
aiuto reciproco, amicizia, confidenza, ma anche di discussioni animate sulle nostre
vedute.
Un libero consiglio
che potrei dare ai genitori che cercano un’attività adatta al proprio figliolo
è quello di cercare l’insegnante che sia sensibile a questi argomenti, un
insegnante che abbia trascorso un periodo della propria vita a formarsi e che
abbia ricevuto un’Educazione (anche fruibile nell’ambito sportivo e quindi in
grado di insegnarla), tale da cercare di costruire insieme; l’attività che poi si
sceglie è indifferente, in quanto, ragazzi naturalmente troppo giovani di
esperienze, potrebbero sbagliare scegliendo secondo gli impulsi dei media,
amici, conoscenti, mode…
La ragazza o
ragazzo che sia, una volta pronto dal punto di vista fisico, potrà scegliere l’attività
sportiva che più gli aggrada e deve riuscire a raggiungere i risultati che
vuole nel massimo delle proprie capacità (certamente non allo stesso livello
per tutti) e tutti sanno quanto siano importanti tali attenzioni in un certo
periodo della vita (2/3-11 anni di età).
Occorre un
coro unanime laddove i ragazzi si recano per imparare: a casa, nelle strutture
scolastiche, negli oratori, nei centri sportivi, affinché i ragazzi non siano
confusi dalle diverse proposte istruttive (tenendo sempre presente che
“istruzione” ed “educazione”, non sono sinonimi), in quanto, l’inserimento di quest’ultime
in un programma formativo, potrebbe arginare quel fenomeno di bullismo sportivo
che irride il più debole (perdente?) e acclama il più forte (vincitore?),
situazioni che nulla di positivo apportano alla costruzione della vita.
E allora
cercare persone di esperienza (quasi mai di giovane età), persone che sappiano
porsi il problema Educativo prima di quello Sportivo (mi scuseranno i dotti, ma
la definizione di Educazione comunemente intesa e riportata su molti testi non
soddisfa appieno le esigenze della quotidianità).
Una
figura nata più di una decina di anni fa, quella di Educatore Sportivo (ad esempio),
era stata voluta dalle maggiori Organizzazioni Sportive per rispondere a
quella lacuna organizzativa che non prevedeva la parte educativa inclusa nello
sport, quest’ultimo utilizzato ancora oggi per vincere a tutti i costi e che allontana
da quei valori come amicizia, l’aiuto reciproco, il rispetto, la comprensione,
ecc. che la maggioranza attribuisce allo sport ma che non se ne vedono gli
effetti.
Ma lo
sappiamo, di parole e di regole ne è pieno il mondo poi però è necessario tradurle
in formule pratiche, gli orientali ci insegnano che queste cose iniziano dal
corpo (che ci mette mesi o anni a comprendere un movimento).
Un certo
tipo di Sport (non tutto e di ogni specialità è necessario scegliere l’ambiente
adatto), può favorire questi valori e guadagnare queste conoscenze, ma occorre
intelligenza, onestà e coerenza che, spesso, mal si associano a Club Sportivi
tesi a guadagnare popolarità sfruttando le occasioni ed i ragazzi del momento.
Che chiedano
i genitori, gli insegnanti, i ragazzi, che si facciano prima un’idea di quello
che offre il territorio, chiedano all’insegnante di turno che (sicuramente
d’esperienza altrimenti è meglio non faccia l’insegnante) dovrebbe dipanare i
propri dubbi e che sia pronto ad iniziare insieme una nuova avventura ma deve
convincerci con argomentazioni (possibilmente comprensibili anche da chi non è
nel settore) guarnite di buon senso: questo è già un buon punto d’inizio per un
rapporto senza secondi fini e teso a considerare la crescita dell’altro (che
non si esprime soltanto in centimetri e chilogrammi).
Al riguardo voglio
chiudere questo breve articolo con un illuminante citazione del Fondatore del
Judo, datata, ma sempre attualissima (una differenza tra Sport e Via?):
“ E vorrei rivolgermi agli Insegnanti di Judo per
raccomandare di non accanirsi troppo nell’insegnamento tecnico perché è
importante formare uomini e non tecnici; altrimenti andrà persa la stima degli
allievi e dei loro familiari ”.
(Jigoro Kano -
gennaio 1932)
Buon cammino … tutti insieme.