venerdì 22 settembre 2017

Attività giocosa, motoria, sport...



A settembre inizia il nuovo anno scolastico ed anche la ricerca delle attività sportive per i propri figli.

Qualcuno asserisce che il genitore deve scegliere, altri il pargolo: in entrambi i casi, la decisione potrebbe rivelarsi errata.
Un pensiero comune vuole che nostro figlio (o figlia) faccia un’attività del corpo, perché fa bene, perché socializza, perché si sfoga, perché…, ecc.

In via di principio il ragionamento è corretto e, nella maggior parte dei casi lo sport sopperisce a questa scelta ma, se semplicistica, potrebbe rivelarsi controproducente.

La ragazza o il ragazzo che sia, deve aver conquistato (nella fascia che va dai 2/3 ai 6 anni di età) quelle competenze motorie di base che sopperiscono ai vizi della tenera età (che riconducono tutte a quella insufficiente capacità motoria conosciuta come deficit dell’apprendimento) attraverso degli esercizi motori che ne favoriscono il corretto apprendimento.

Quante volte dopo un breve periodo trascorso a praticare uno sport il figliolo lo abbandona perché “non riesce”, “non è portato” qualcuno asserisce, “non gli piace”, nella maggior parte dei casi non è propriamente così.

Con un pochino di attenzione ci si accorge che il bambino non sa correre, piegarsi sulle gambe, striscia scoordinato…, ma allora come potrebbe riuscire a calciare una palla, colpirla con una racchetta, restare in piedi mentre il compagno tira e spinge… capiamo bene che come abbiamo imparato prima a gattonare poi a camminare eretti dovremmo seguire le stesse metodologie per conquistare degli stadi motori più complessi.

Molte volte questo stato di cose derivano da quella mancanza motoria che mette in una situazione d’incapacità, il ragazzo non riesce a superare quelle situazioni che necessitano di competenze motorie avanzate, nonché specifiche….

Questi stadi, chiamiamoli di maturazione motoria, avvengono per gradi, attraverso metodologie didattiche specifiche del corpo e non, invece, spiegando stando seduti ad un banco a scrivere e parlare (didattiche che mal si adattano ad un’età che richiama allegria, vitalità e spensieratezza), anche se potremmo inventare metodologie di apprendimento più gradite (un brillante Vittorino da Feltre insegnava la matematica facendo tirare con l’arco…).

La mancanza dell’esperienza motoria si rivela ripercuotersi sulla personalità: probabile mancanza di fiducia nei propri confronti e quindi una conseguente incapacità di stima del proprio operato, le mancate occasioni nel rapporto con l’altro fatta di aiuto reciproco, amicizia, confidenza, ma anche di discussioni animate sulle nostre vedute.
Un libero consiglio che potrei dare ai genitori che cercano un’attività adatta al proprio figliolo è quello di cercare l’insegnante che sia sensibile a questi argomenti, un insegnante che abbia trascorso un periodo della propria vita a formarsi e che abbia ricevuto un’Educazione (anche fruibile nell’ambito sportivo e quindi in grado di insegnarla), tale da cercare di costruire insieme; l’attività che poi si sceglie è indifferente, in quanto, ragazzi naturalmente troppo giovani di esperienze, potrebbero sbagliare scegliendo secondo gli impulsi dei media, amici, conoscenti, mode…

La ragazza o ragazzo che sia, una volta pronto dal punto di vista fisico, potrà scegliere l’attività sportiva che più gli aggrada e deve riuscire a raggiungere i risultati che vuole nel massimo delle proprie capacità (certamente non allo stesso livello per tutti) e tutti sanno quanto siano importanti tali attenzioni in un certo periodo della vita (2/3-11 anni di età).
Occorre un coro unanime laddove i ragazzi si recano per imparare: a casa, nelle strutture scolastiche, negli oratori, nei centri sportivi, affinché i ragazzi non siano confusi dalle diverse proposte istruttive (tenendo sempre presente che “istruzione” ed “educazione”, non sono sinonimi), in quanto, l’inserimento di quest’ultime in un programma formativo, potrebbe arginare quel fenomeno di bullismo sportivo che irride il più debole (perdente?) e acclama il più forte (vincitore?), situazioni che nulla di positivo apportano alla costruzione della vita.
E allora cercare persone di esperienza (quasi mai di giovane età), persone che sappiano porsi il problema Educativo prima di quello Sportivo (mi scuseranno i dotti, ma la definizione di Educazione comunemente intesa e riportata su molti testi non soddisfa appieno le esigenze della quotidianità).
Una figura nata più di una decina di anni fa, quella di Educatore Sportivo (ad esempio), era stata voluta dalle maggiori Organizzazioni Sportive per rispondere a quella lacuna organizzativa che non prevedeva la parte educativa inclusa nello sport, quest’ultimo utilizzato ancora oggi per vincere a tutti i costi e che allontana da quei valori come amicizia, l’aiuto reciproco, il rispetto, la comprensione, ecc. che la maggioranza attribuisce allo sport ma che non se ne vedono gli effetti.
Ma lo sappiamo, di parole e di regole ne è pieno il mondo poi però è necessario tradurle in formule pratiche, gli orientali ci insegnano che queste cose iniziano dal corpo (che ci mette mesi o anni a comprendere un movimento).
Un certo tipo di Sport (non tutto e di ogni specialità è necessario scegliere l’ambiente adatto), può favorire questi valori e guadagnare queste conoscenze, ma occorre intelligenza, onestà e coerenza che, spesso, mal si associano a Club Sportivi tesi a guadagnare popolarità sfruttando le occasioni ed i ragazzi del momento.
Che chiedano i genitori, gli insegnanti, i ragazzi, che si facciano prima un’idea di quello che offre il territorio, chiedano all’insegnante di turno che (sicuramente d’esperienza altrimenti è meglio non faccia l’insegnante) dovrebbe dipanare i propri dubbi e che sia pronto ad iniziare insieme una nuova avventura ma deve convincerci con argomentazioni (possibilmente comprensibili anche da chi non è nel settore) guarnite di buon senso: questo è già un buon punto d’inizio per un rapporto senza secondi fini e teso a considerare la crescita dell’altro (che non si esprime soltanto in centimetri e chilogrammi).
Al riguardo voglio chiudere questo breve articolo con un illuminante citazione del Fondatore del Judo, datata, ma sempre attualissima (una differenza tra Sport e Via?):

E vorrei rivolgermi agli Insegnanti di Judo per raccomandare di non accanirsi troppo nell’insegnamento tecnico perché è importante formare uomini e non tecnici; altrimenti andrà persa la stima degli allievi e dei loro familiari ”.

(Jigoro Kano  -  gennaio 1932)


Buon cammino … tutti insieme.

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